Decreto Destinazione Italia

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Alcune disposizioni del D.L. 145/2013, noto come “Decreto Destinazione Italia”, sono intervenute sulla disciplina del condominio che, come noto, era stata recentemente riformata in modo integrale ed organico da parte del legislatore.

Nonostante la novella legislativa fosse molto recente, il legislatore è nuovamente intervenuto anche, se, occorre subito precisare, le disposizioni introdotte ad integrazione della disciplina generale non hanno introdotto drastiche modificazioni all’assetto risultante dall’ultima novella.

L’intento, semmai – come pure emerge dalle locuzioni verbali utilizzate nel decreto – è proprio quello di integrare la disciplina già emanata, in modo da dissipare alcuni dubbi interpretativi che erano sorti, porre rimedio ad alcune lacune normative ed apportare lievi correttivi alla disciplina in essere.

Nel dettaglio, si evidenzia che le disposizioni rilevanti sono quelle inserite all’art. 1, comma 9, lett. a), b), c), d) ed e) del D.L. 145/2013.

In estrema sintesi, i temi su cui è intervenuto il legislatore sono i seguenti.

a)  Formazione professionale degli amministratori di condominio.

Il decreto prevede l’emanazione di un regolamento ministeriale che  determini  i requisiti necessari per esercitare l’attività di formazione degli amministratori di condominio nonché i criteri, i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi della formazione. Tale disposizione mira ad integrare il contenuto dell’art. 71 bis disp. att. c.c. il quale aveva introdotto uno specifico obbligo formativo in capo ai soggetti che intendano intraprendere – o che già svolgano – l’attività di amministratore di condominio, senza tuttavia definire nel dettaglio la regolamentazione attuativa dell’obbligo formativo. Con il nuovo intervento legislativo viene quindi individuato il soggetto che dovrà porre in essere la normativa regolamentare volta a disciplinare tale aspetto dell’attività di amministratore di condominio.

b) Modifiche all’art. 1120 c.c.

Tale articolo, disciplinante il regime delle innovazioni, prevede due diverse maggioranze in relazione alla tipologia dell’intervento. In particolare, qualora l’innovazione sia diretta al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, la maggioranza richiesta è quella del quinto comma dell’art. 1136 c.c. (ossia la maggioranza degli intervenuti in assemblea ed almeno i due terzi del valore dell’edificio); qualora invece l’innovazione sia relativa a specifici interventi indicati in modo tassativo dall’art. 1120 comma 2, è richiesto il minor quorum di cui all’art. 1136 comma 2 (ossia la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio).

Con il nuovo intervento normativo è stato modificato il secondo comma dell’art. 1120 c.c., eliminando, fra gli interventi costituenti innovazione assoggettati alle maggioranze di cui all’art. 1136 comma 2, gli interventi “per il contenimento del consumo energetico degli edifici” che, invece, con la riforma del condominio, erano stati assoggettati alla disciplina di cui al secondo comma della disposizione.

c)  Modifica dell’art. 1130 c.c.

L’articolo in questione, nella stesura antecedente all’ultimo intervento normativo, prevedeva, fra i compiti dell’amministratore, quello di  “6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza.

L’intervento normativo che si commenta è intervenuto apportando una significativa limitazione alle attribuzioni dell’amministratore (e, corrispondentemente, una significativa riduzione delle sue responsabilità).

Infatti, nel passaggio sopra riportato, dopo le parole: “nonche’ ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza» sono state inserite le parole: “delle parti comuni dell’edificio”.

Con tale modifica, l’amministratore non è più obbligato ad appurare le condizioni di sicurezza delle parti private dell’edificio: cosa, questa, che avrebbe costretto l’amministratore a significative attività di accertamento e non semplici contatti con i proprietari delle parti esclusive interessate a criticità.

d) Integrazione dell’art. 1135 c.c.

L’art. 1135 c.c., al primo comma, n. 4) prevede che l’assemblea debba provvedere “alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori”.

Con il nuovo intervento normativo viene aggiunto, al riguardo, che “se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo puo’ essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti”.

In sostanza, con la precedente novella era stato introdotto l’obbligo di costituire un fondo speciale per far fronte al pagamento delle lavorazioni costituenti manutenzione straordinaria o innovazioni, mentre con il nuovo intervento normativo viene rimesso alla decisione dell’assemblea se costituire detto fondo in un’unica soluzione ovvero se procedere alla sua costituzione mediante versamenti successivi, corrispondenti ai vari stati di avanzamento previsti nel contratto di appalto stipulato con l’impresa esecutrice delle opere.

e) Integrazione dell’art. 70 disp. att. c.c.

A seguito della riforma del condominio, l’art. 70 della disposizioni attuative era stato modificato nei termini che seguono: “Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie.” La principale fonte di interesse della riforma, al riguardo, consisteva nel fatto che – finalmente – il legislatore aveva adeguato il valore economico della sanzione che era ancora rimasto ancorato alle “vecchie” 100 lire.

Nel riformare l’articolo, tuttavia, il legislatore non aveva esplicitato chi fosse il soggetto a dover statuire in ordine all’introduzione della sanzione e alla determinazione della relativa entità.

Il decreto è dunque intervenuto integrando la norma nel senso di precisare che “L’irrogazione della sanzione e’ deliberata dall’assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del Codice.

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