Il D.Lgs. n. 196/03 ha introdotto numerosi adempimenti per una più efficace tutela del diritto alla protezione dei dati personali. L’art. 1 del c.d. “Codice della Privacy”, precisa che “Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano”. La ragione del Codice della Privacy è la tutela del diritto alla protezione dei dati personali, lo scopo, invece, è quello di garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali nonché della dignità dell’interessato.
Per “interessati” si intendono quei soggetti ai quali si riferiscono i dati personali trattati.
L’interessato avrà diritto di:
1) CONOSCERE ED AVERE COMUNICAZIONE IN FORMA INTELLIGIBILE DEI DATI PERSONALI:
1a. origine dei dati personali;
1b. finalità e modalità del trattamento;
1c. logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;
1d. estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato in Italia;
1e. soggetti o categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.
2) INTERVENIRE SUI DATI:
2a. aggiornamento, rettificazione e, se vi ha interesse, l’integrazione dei dati;
2b. cancellazione, trasformazione in forma anonima o blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;
2c. attestazione che le operazioni di cui sono stati portati a conoscenza, si rivelano impossibili o comportano un impiego di mezzi manifestamente sproporzionati rispetto al diritto tutelato.
3) CONTRASTARE IL TRATTAMENTO OPPORSI, IN TUTTO O IN PARTE:
3a. per motivi legati al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;
3b. al trattamento di dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di comunicazione commerciale.
Con Provvedimento del Garante della Privacy del 10/10/2013, che modifica il precedente del 2006, sono stati prescritti ai condominii, anche per i trattamenti effettuati dall’assemblea e dall’amministratore, le misure necessarie per una corretta gestione dei dati personali, che richiede, comunque, da parte dei condomini il consenso al trattamento dei propri dati.
IL DOCUMENTO PROGRAMMATICO SULLA SICUREZZA
Il Documento Programmatico della Sicurezza (il c.d. “DPS”) viene predisposto dal titolare di un trattamento di dati sensibili o di dati giudiziari, deve contenere:
1) l’elenco dei trattamenti di dati personali;
2) la distribuzione dei compiti e delle responsabilità nell’ambito delle strutture preposte al trattamento dei dati;
3) l’analisi dei rischi che incombono sui dati;
4) le misure da adottare per garantire l’integrità e la disponibilità dei dati, nonché la protezione delle aree e dei locali, rilevanti ai fini della loro custodia e accessibilità;
5) la descrizione dei criteri e delle modalità per il ripristino della disponibilità dei dati in seguito a distruzione o danneggiamento;
6) la descrizione dei criteri da adottare per garantire l’adozione delle misure minime di sicurezza in caso di trattamenti di dati personali affidati, in conformità al codice, all’esterno della struttura del titolare;
7) la previsione di interventi formativi degli incaricati del trattamento, per renderli edotti dei rischi che incombono sui dati, delle misure disponibili per prevenire eventi dannosi, dei profili della disciplina sulla protezione dei dati personali più rilevanti in rapporto alle relative attività, delle responsabilità che ne derivano e delle modalità per aggiornarsi sulle misure minime adottate dal titolare.
8) per i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, l’individuazione dei criteri da adottare per la cifratura o per la separazione di tali dati dagli altri dati personali dell’interessato.
VIDEOSORVEGLIANZA
L’art. 1122 ter c.c. prevede alla rubrica “Impianti di videosorveglianza sulle parti comuni” che “Le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136 c.c.” L’amministratore di condominio, quindi, previa delibera assembleare, dovrà adottare tutte le cautele previste dal provvedimento generale del Garante della privacy in materia di videosorveglianza dell’aprile 2010. Gli adempimenti dovuti risultano essere i seguenti: cartello informativo, stabilire tempi minimi di conservazione delle immagini (massimo 24 ore), individuare il personale che può visionare le immagini con atto di nomina di responsabile e incaricato del trattamento, chiedere al garante la verifica preliminare nei casi previsti dal provvedimento generale. La mancata osservanza di tali adempimenti comporta responsabilità amministrative e penali, ed espone a richieste di risarcimento da parte di eventuali soggetti danneggiati. La giurisprudenza penale ha, invece, affrontato la punibilità ai sensi del reato di interferenze illecite, affrontando il caso del singolo condomino che in assenza di preventiva delibera assembleare installasse, a uso della propria sicurezza, un impianto con fascio di captazione di immagini che si riversi su aree comuni o anche su luoghi di proprietà di altri condòmini. La giurisprudenza, sul tema, ha affermato che “non commette il reato di cui all’articolo 615 bis del codice penale il condomino che installi, per motivi di sicurezza, allo scopo di tutelarsi dall’intrusione di soggetti estranei, alcune telecamere per visionare le aree comuni dell’edificio, anche se tali riprese sono effettuate contro la volontà dei condòmini” specie se i condòmini stessi siano “a conoscenza dell’esistenza delle telecamere” e possano “visionarne in ogni momento le riprese” e che queste ultime non siano “neppure idonee a cogliere di sorpresa gli altri condòmini in momenti in cui possano credere di non essere osservati”. La giurisprudenza sostiene, altresì, che “La ripresa con una telecamera delle parti comuni non può in alcun modo ritenersi indebitamente invasiva della sfera privata dei condòmini, poiché l’esposizione alla vista di terzi di un’area che costituisce pertinenza domiciliare e che non è destinata a manifestazioni di vita privata esclusive, è incompatibile con una tutela penale della riservatezza, anche ove risultasse che manifestazioni di vita privata in quell’area siano state in concreto, inaspettatamente, realizzate e perciò riprese”. Quanto alle pronunce del Garante della privacy, le stesse distinguono tra riprese in ambito pubblico e riprese in ambito privato per collocare le videoriprese condominiali nel secondo dei settori e, quindi, dettare regole particolarmente precise e chiare:
1) quanto all’installazione di vere e proprie telecamere ad iniziativa di singoli condòmini all’interno di edifici in condominio e loro pertinenze (es. posti auto, box), il Garante ha precisato che l’impiego di tali sistemi, pur non rientrando nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Codice, a meno che i dati siano comunicati sistematicamente o diffusi (art. 5, comma 3, del codice), richiede comunque l’adozione di cautele a tutela dei terzi. In particolare, l’angolo visuale delle riprese deve essere rigorosamente limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, ad esempio antistanti l’accesso alla propria abitazione, escludendo ogni forma di ripresa anche senza registrazione di immagini relative ad aree comuni (cortili, pianerottoli, corridoi, scale, garage comuni) o antistanti l’abitazione di altri condòmini.
2) Il Garante, per legittimare la videosorveglianza, ha richiesto la valutazione di proporzionalità, da effettuare in rapporto ad altre misure già adottate o che è possibile adottare (es. sistemi comuni di allarme, blindatura o protezione rinforzata di porte e portoni, cancelli automatici).
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